Palazzo comunale

Palazzo comunale

L'esigenza di edificare una nuova residenza municipale non più in affitto, ma di proprietà risale al 1867. Il progetto fu affidato all'ing. Luigi Rizzoli nel 1874, su terreni del marchese Vittorio Grandperrin (l'enologo francese che inventò lo "champagne ozzanese"). L'area acquistata per 2.260 lire e permetteva, nell'area antistante, la realizzazine di una fiera del bestiame,che diverrà poi la "Fiera della Centonara". L'inaugurazione avenne il 9 ottobre 1881 e, recentemente. sono stati celebrati i 140 anni di vita con un''iniziativa commemorativa promossa dall'amministrazione comunale il 9 ottobre 2021.

NOTE STORICHE (a cura di giuliano Serra)

  • LE RAGIONI E L’IMPORTANZA STORICA CHE SPINSERO L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI OZZANO, A COSTRUIRE UN PROPRIO PALAZZO.

La geo localizzazione odierna del capoluogo di Ozzano era conosciuta come tale anche nell'antichità, dove al IX cippo miliare, sorgeva Claterna, una vera e propria “città” col suo municipio magari al centro, e con una infinità di case sparse.

Nei secoli successivi, la “mitica” Claterna, non solo sparì letteralmente distrutta da barbari o come dice l’Alberti, nella sua “Historia di Bologna” del 1410, dai bolognesi, ma sparirono inesorabilmente le case a ridosso della via Emilia, in quanto facilmente raggiungibili e quindi insicure. Lì vi rimasero soltanto qualche ospitale convento o chiesa/edificio religioso, mentre le abitazioni vennero insediate sulle colline.

Si dovrà attendere il 1506, quando le truppe pontificie di papa Giulio II, dal Lazio arrivarono ad occupare anche la Romagna, fino a Bologna. E così dopo la metà del '500 iniziarono copiosamente ad essere costruite ville, palazzi e case rurali, oltre ad altri conventi e oratori, ad opera di importanti famiglie dell’aristocrazia e borghesia bolognese (come i principi Hercolani, o i banchieri Dall’Armi).

Mentre la pianura ozzanese si popolava, di nuovo, lungo la via Emilia e nel circondario delle chiese parrocchiali, quasi tutte già esistenti nel XIV/XVsec., progressivamente la collina si spopolava, iniziando così a formarsi le prime comunità frazionali, con a capo eminenti figure del territorio e possidenti, e quindi scelte in base al cespite, le quali amministravano appunto dette comunità, sempre e comunque sotto il controllo del senato di Bologna. Senato che evidentemente, nel tempo, avrà autorizzato o imposto, per una maggiore gestione e comodità degli abitanti, e ciò a causa della conformazione geo-morfologica del territorio e dall’asse della via Emilia, la denominazione Ozzano di sopra e Ozzano di sotto. Con la legge 6/1805 sul riassetto dei dipartimenti distretti e cantoni, a Ozzano fu unito Varignana di sopra e Varignana di sotto.

Di conseguenza avvenne che, la sede comunale di Ozzano di sopra fino a quell’anno nel fabbricato annesso alla chiesa di San Pietro di Ozzano (un tempo castello con torre ancor oggi esistente), passò a Osteria Grande (Varignana di sopra). Lo stesso dicasi per  Ozzano di sotto, dove la residenza comunale che, fino al 1811 si trovava al “Molino Bruciato”  nelle vicinanze della chiesa di Quaderna di proprietà di Pietro Foresti, passò nell’imponente complesso denominato “Maggio”.

Ripristinato il Governo pontificio, anche in virtù del forte incremento demografico di quel periodo,fu deciso di spostare l’attività comunale, sempre in affitto, nel fabbricato denominato “Centonara” (che prende il nome dall’adiacente torrente), al costo iniziale di scudi 36,passati poi nel1845 a ben 45 scudi. Un nuovo “trasloco” venne poi effettuato, una 15na di anni più tardi, e la scelta cadde sulla ancora oggi nota “Villa Maccaferri”  di  proprietà di Luigi Bravi che, guarda caso, era anche sindaco (1860/1862), il quale nel 1876 percepiva, per la locazione del Municipio, ben 850 lire annue.

Intanto, sempre nel 1862 (esattamente il 12 agosto) su indicazione della Prefettura, Ozzano assunse la denominazione di Ozzano dell’Emilia.

Mentre l’utilizzo del simbolo, la Torre (di S.Pietro di Ozzano), nel gonfalone comunale, fu  ufficialmente introdotto nel 1881 (anche se fin dal 1851 i componenti del consiglio comunale già lo prefiguravano).

  • LA REALIZZAZIONE DI UN PALAZZO COMUNALE DI PROPRIETA’

Dopo anni e anni di peregrinazioni e traslochi, ma soprattutto di pagamenti a “fondo perduto” per i canoni di locazione, si cominciò a pensare e parlare in consiglio comunale (1867) sempre più insistentemente, di comprare o costruire un edificio consono per creare gli uffici, la sala consiliare, ma anche le abitazioni del segretario comunale, del cursore/messo comunale e la residenza del medico condotto di Ozzano. Discorsi e discussioni che, nella seduta del 17/7/1867, portarono al voto unanime per tale realizzazione. La delibera fu altresì avvallata in data 12/10/1867 dalla stessa Deputazione Provinciale.

Da quel giorno gli amministratori di Ozzano iniziarono ad accantonare denaro per una futura edificazione.

Avvenne poi, qualche anno più tardi (1872) l’alienazione da parte dello Stato dei beni appartenenti al cosi detto“Asse ecclesiastico”, legge cui fu sottoposto il fabbricato “Centonara” (dove l’amministrazione comunale aveva già risieduto) in quanto di proprietà della chiesa di San Cristoforo di Ozzano. Ebbene, il Comune partecipò e vinse l’asta demaniale, giustificata (la prelazione) anche dal fatto che si sarebbero attivate la scuola del capoluogo, la caserma dei carabinieri e in seguito anche l’ufficio postale, oltre a dare vita ad una grande fiera di merci e bestiami, che, per anni continuò, e fu nota col nome di “Fiera della Centonara”.

Intanto, dalle stesse aste demaniali, tale Victoir Jospeh Grandperrin, trasferitosi qui dalla Francia per produrre vino/champagne, comprò una vastissima estensione di poderi con case coloniche, un fabbricato per la produzione vinicola e il palazzo di residenza (già villa dei conti Dosi, dopo la morte donata alla Curia bolognese); terreni che arrivavano al torrente Centonara e a ridosso della via Emilia. Realizzata la totale ristrutturazione del fabbricato Centonara (ad opera dell’ing. Rizzoli) ed insediatisi Scuole e Carabinieri, il Sindaco decise di fare una proposta di acquisto, al francese, di un area di terreno onde costruire il palazzo comunale.

I primi contatti col Grandeperrin furono avviati dal sindaco Domenico Pesci già agli inizi del 1874. Il 30/6/1874 entrambi sottoscrissero un compromesso di compra vendita, per ettari 1,09,72 al prezzo di lire 2637,62, redatto dall’ing Rizzoli in qualità di tecnico del Comune, e relazione tecnica.

Il tutto da sottoporre al consiglio comunale per approvazione e conseguentemente mandare il fascicolo all’approvazione della Prefettura. Il 20/10/1874 la proposta all’ordine del giorno fu votata quasi all’unanimità (ovvero Pietro Foresti si astenne trattandosi di ex bene ecclesiastico espropriato). Ma ecco che, l’imprevedibile e inquieto francese, decise improvvisamente di non volere più vendere il terreno, recriminando l’inadeguatezza della somma pattuita. Il sindaco Pesci in data 22/10/1875 riunì il Consiglio comunale e decise di procedere attraverso la prefettura mediante “esproprio forzoso per pubblica utilità”. Intanto fu dato l’incarico di redigere un progetto e un capitolato di spesa,sempre all’ing Luigi Rizzoli, il quale produsse un eccellente lavoro: preparò 2 progetti, uno che non teneva conto dei 3 appartamenti (costo 38.359,63 lire) un secondo coi 3 appartamenti in più (costo 53.108, 45 lire). Mentre i mesi passavano, tra integrazione di documenti, riunioni consiliari, tempi di risposta della prefettura, si arrivò al 6/9/1876.

La scelta dei consiglieri cadde sul capitolato più costoso, prevedendo anche le abitazioni. Una volta che il Comune fu proprietario del terreno, fu dato corso immediatamente alla costruzione del fabbricato. Poco più di 24 mesi, e già agli inizi del 1881 il palazzo era terminato in tutto e per tutto. Il 9/10/1881 fu inaugurato nel corso di un evento che vide la partecipazione della Banda militare del 72° Fanteria e la presenza del Ministro Marco Minghetti (anche per essere di radici ozzanesi, di Settefonti per la precisione) e di tutte le maggiori Autorità e personalità dell'epoca.

Giuliano Serra